«Io, un sopravvissuto all'orrore delle foibe»
Sui banchi la testimonianza di Lino Vivoda
Sui banchi la testimonianza di Lino Vivoda
La tragedia delle foibe vista con gli occhi di chi ha vissuto in una città che ora non c'è più. La seconda Guerra Mondiale, le repressioni delle truppe di Tito e l'esodo dal paese natio: questa la difficile vita di Lino Vivoda, che ha vissuto sulla propria pelle una delle pagine più drammatiche della storia nazionale. Gli alunni del Raineri-Marcora l'hanno potuto ascoltare ieri mattina nel corso di un incontro organizzato dalle insegnanti Claudia Martinelli e Mara Croci per fare luce sugli avvenimenti accaduti in quegli anni tra Friuli Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, purtroppo ancora poco conosciuti dalla maggior parte degli italiani. Gli "infoibati", come vengono chiamati gli oltre 25mila italiani vittime del governo slavo tra il 1943 ed il 1945, sono stati a lungo dimenticati, come ha detto Pino De Rosa di Piacenza Antagonista introducendo l'ospite d'onore: «Molti non sanno quello che è successo, i corpi buttati con umiliazione nelle foibe, le insenature naturali tipiche di quei luoghi. Solo negli ultimi anni la memoria di queste persone è stata riabilitata». Uno di quei sopravvissuti è proprio Vivoda, che ancora oggi ha negli occhi il crudele destino che ha causato la fine della sua città natale, ovvero Pola. Un breve filmato lo ha illustrato con chiarezza: centro dell'Istria, ma italiano a tutti gli effetti con 31mila abitanti, il paese venne stravolto dall'occupazione slava durante il 1945 fino all'esodo finale. 28mila di loro partirono alla volta dell'Italia su navi che solcavano l'Adriatico in cerca di nuove speranze, ma molti di loro non ce la fecero. «Uno di essi era proprio mio fratello Sergio - ha raccontato Vivoda - nelle immagini si vede chiaramente la sua tomba. Ancora oggi quella triste storia mi sembra incredibile. All'epoca conoscevamo i nomi di due soli esuli, Mazzini e Dante, e non credevamo toccasse anche a noi». E in seguito, la storia non è stata certo più clemente con Pola, diventata poi la croata Pula. «Se andate in Slovenia o in Croazia, vi dicono che la mia città era tornata sotto il loro controllo dopo tanti anni. Ma Pola non era mai stata slava, la sua origine era romana ed in seguito un'orgogliosa città italiana». Proprio come il fratello di Lino, che venne ucciso dalla polizia segreta di Tito in un brutto giorno del
G. F.
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