domenica 26 febbraio 2012

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 24 Febbraio 2012


La piazza di San Nicolò, Monti e i «mistificatori dell'Anpi»

di PINO DE ROSA*
Avremmo preferito non intervenire più sulla vicenda di piazza Rossi a S. Nicolò, se non per complimentarci con Libertà per il sondaggio promosso. Non tutti hanno compreso la volontà di alimentare il dibattito ed estenderne la platea. Lo avremmo però fatto il giorno d'inaugurazione della piazza cogliendo non uno ma due risultati positivi sulla via della liberazione della storia dalla strumentalizzazione di parte. S'impone invece un intervento dopo le opinioni ospitate dal quotidiano piacentino il 6 febbraio scorso. E' una peculiarità del nostro tempo fare a gara, dalla storia alla cronaca, con la prospettiva di conquistare il consenso rispetto agli altri, nel rappresentare le vittime. Si arriva a rivendicarne l'esclusiva, ad appropriarsene anche indebitamente (ci sono casi nel Piacentino di caduti per mano partigiana che sulle lapidi sono diventate "vittime del nazifascismo") fin oltre la soglia del ridicolo, come nel caso di Napolitano accorso a Praga per far sue le vittime anticomuniste del 68 sebbene ai tempi avesse apertamente parteggiato per i carri armati russi.
Nel caso di Andrea Rossi è evidentemente impossibile farlo diventare una vittima antifascista ed allora bisogna negarne lo status. E come se non addossando a lui stesso altre vittime che i sostenitori del "bene" rappresentano? Non potendo, perché non vi sono, circostanze personali che vedrebbero coinvolto Rossi in casi specifici (la forzatura dell'addetto stampa che diventa braccio destro del Prefetto appare troppo evidente) allora si tenta, per addivenire al risultato voluto, di vagare e divagare. L'articolo in perfetto slang progressista di Achilli ci prova. Non possiamo tacere per non correre il rischio che, con tanto poco, ci riesca.
Accogliamo quindi l'invito a "rendere chiaro e distinguibile ciò che è giusto da ciò che non lo è" (il che significa evidentemente che il giusto non dipende da chi lo dice ma da ciò che viene detto) e partiamo proprio da quel "male" (che invidia per chi lo ha infallibilmente identificato! C'informi anche per il "bene"; porremmo fine a tutti i tormenti del nostro animo) che Achilli dice "non dobbiamo continuare a banalizzare, sottacere o rimuovere…. ed a seppellirlo sotto una coltre di malintesi storici".
Già, i malintesi storici. Come quello per esempio dei "civilissimi" Stati Uniti, sorti con il genocidio dei pellerossa e cresciuti con la deportazione delle genti africane, che le leggi razziali le ebbero in vigore fino al 1968. Si pensi che generosità nel radere al suolo mezza Europa per abolire le discriminazioni tenute in vita a casa propria! O forse l'urgenza dipende dal "peso" di chi è vittima delle discriminazioni? Molto potremmo scrivere. Spostiamo la nostra attenzione sul "rimuovere e sottacere" e concentriamoci su personaggi di casa nostra cui abbiamo dato più di un lustrino nelle pubbliche vie o di certo qualcuno si appresta a fare.
Il 27 gennaio scorso il Capo Europeo della Trilaterale, Presidente del direttorio mondialista che ha occupato con il golpe parlamentare il governo dell'Italia (Monti), ha citato Alcide De Gasperi "tra i Padri fondatori che hanno visto nell'Europa l'unica possibilità di scongiurare il ripetersi degli eventi tragici che l'avevano marchiata". Però. E quello che De Gasperi ha dichiarato in gioventù? Rimosso, sottaciuto e seppellito. Non potendo abusare della disponibilità di Libertà invitiamo i lettori a consultare il blog della nostra associazione sebbene in fase di costruzione: piacenzaantagonista. blospot. com
Troveranno frasi ed articoli di personaggi illustri come De Gasperi, Spadolini, Fanfani, Padre Gemelli e la meravigliosa chicca di Giorgio Bocca che abbiamo riportato per intero, pubblicata nel 1942. In tanti firmarono il manifesto della razza e si diedero da fare per eccellere in razzismo, poco prima di redimersi.
Se quindi furono responsabili del "clima" che determinò "la tragedia" anche coloro che non operarono direttamente, la colpa di Rossi potrebbe essere solo quella di non aver voltato gabbana in tempo inaugurando la stagione che si protrae con Fini emuli fino ai nostri giorni. Noi crediamo invece il contrario. Immaginatevi un ragazzo che a Cuneo legge nel 42 l'articolo di Bocca (che vi prego ancora di andare a leggere sul nostro blog) e se ne convince al punto di aderire nel 43 alla RSI. Nel giro di 2 anni il ragazzo viene assassinato vigliaccamente ed oggi lui è il "male assoluto" e Bocca un eroe della libertà! A chi la piazza? Per finire bisognerà prima o poi correlare questi teorici del "bene" nonché custodi della "condanna del male" alla realtà: "Europa libera e democratica". Ma dove vivono? Dov'è libera questa Europa che non dispone dei suoi confini e del suo territorio, non possiede la sua moneta, è vincolata nei suoi commerci e declina quotidianamente, tramonta sotto tutti i profili? E quale democrazia c'è se il popolo non ha alcuna rappresentanza ma subisce le decisioni di burocrati, finanzieri, agenzie di rating e faccendieri? Maastricht, Schengen, la BCE che c'azzeccano con la democrazia?
Al politburò in sedicesimo dell'Anpi piacentino poi vorremmo suggerire di occuparsi ugualmente di una tal materia piuttosto che continuare a fare i rancorosi gendarmi del passato che non riusciranno certo a mistificare per sempre. Secondo me quel 30% del sondaggio è ancora sulla bocca dello stomaco!
Ma voi avete fatto i partigiani per generare una classe politica di corrotti che dopo aver badato solo ai loro privilegi ci hanno consegnati mani e piedi alla finanza internazionale? Avete scelto l'antifascismo per arrivare a cancellare ogni forma di stato sociale dalle pensioni alla sanità? Avevate in mente di tornare alla fine dell'800 nella gestione dei rapporti di lavoro come sta per accadere? Volevate restare per sempre una colonia USA con basi militari e scelte di politica estera vincolata? Secondo me sì! Per questo non ho mai ritenuto che la vostra fosse la parte giusta.
A distanza di 70 anni potremmo però auspicare nuove sintesi, uscendo da una contrapposizione che solo voi volete. A noi basterebbe il rispetto delle vittime senza appropriazioni indebite o presuntuose diversificazioni.
C'è con urgenza da costruire un progetto rivoluzionario senza attardarsi in diatribe e riflettendo magari sul fatto che la pace mercantile perpetua non si è affatto realizzata ma ha determinato una situazione di potenziale schiavitù globale. Le umane irrazionalità che finora hanno fatto la storia (passioni, pulsioni, ideali, fedi e razze) piuttosto che eliminarle appaiono oggi l'unica prospettiva di libertà.
* Piacenza Antagonista

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 22 Febbraio 2012


ROTTOFRENO - Piazza Fratelli Maserati non sarebbe di proprietà comunale

ROTTOFRENO - (crib) Piazza Fratelli Maserati non sarebbe di proprietà comunale. Dopo tante discussioni sulla proposta della giunta comunale di Rottofreno, guidata dal sindaco Raffaele Veneziani, di cambiare il nome della piazza di San Nicolò per dedicarla alla vittima di guerra Andrea Rossi, adesso arriva la notizia che l'area in questione non apparterrebbe di fatto al Comune. È emerso ieri sera durante la trasmissione Tempo Reale su Telelibertà, condotta da Giovanni Palisto. Presenti in studio, il presidente dell'associazione Piacenza Antagonista Pino De Rosa e la direttrice dell'Istituto Storico della Resistenza Carla Antonini, che ha rievocato per la prima volta l'uccisione del nonno, vicefederale durante la Repubblica Sociale.
«SOLO UN ASPETTO TECNICO» -A confermare il mancato passaggio di proprietà al comune è stato l'ex sindaco di Rottofreno Giulio Maserati, contattato telefonicamente durante la trasmissione. Così, mentre il sindaco Veneziani alla luce della novità prende tempo per verificare la cosa (pur ammettendo che esistono «altre decine di casi analoghi» da regolarizzare), l'ex sindaco Maserati precisa che quella di usufruire di zone non tecnicamente "pubbliche" è una prassi consolidata. «Quando ero sindaco, ne ho sistemate a decine di strade, vie o aree verdi che non erano passate al Comune», spiega. «Ed è possibile che qualcuna lo sia ancora. Quando si dà il permesso di costruire, il lottizzante si occupa anche delle strade e delle aree verdi che successivamente dovranno essere cedute al Comune, come d'accordo. Ma il Comune, per sua natura, è piuttosto lento a rogitare e quindi anche se un'area non è comunale secondo il catasto, grazie a un preciso accordo scritto con il privato, si può comunque considerarla tale. È solo un piccolo aspetto tecnico». In ogni caso, quindi, non ci sarebbero elementi per impedire né influire sull'eventuale cambiamento del nome alla piazza. Tanto che fu proprio l'ex sindaco Maserati a inaugurarla nel 2009 senza che il Comune ne fosse proprietario.
STOP DALLA PREFETTURA? -Intanto, prosegue regolarmente l'iter per l'intitolazione della piazza ad Andrea Rossi. La proposta è già stata inviata da tempo al Prefetto per l'approvazione definitiva, dopo aver controllato l'effettiva bontà del provvedimento. Tuttavia, secondo alcune voci di corridoio - al momento non confermate da nessuna delle due parti - l'orientamento della Prefettura sembrerebbe quello di una bocciatura della proposta della giunta Veneziani. Bocca cucita in merito anche dallo stesso sindaco di Rottofreno, il quale si limita ad affermare che è in corso una fase interlocutoria tra Comune e Prefettura. Il prossimo appuntamento per saperne di più e per tornare a discutere di piazza Fratelli Maserati sarà ai primi di marzo, con il prossimo consiglio comunale: in quell'occasione, l'amministrazione Veneziani dovrà rispondere all'interrogazione presentata dal gruppo del Pd sulla presunta illegittimità della proposta di cambiamento di nome alla piazza.

GORNO DEL RICORDO - da "Libertà" del 20 Febbraio 2012


Intitolazione del percorso che porta alla scuola
Bettola, scalinata "Martiri delle foibe":
«Per trasmettere ai ragazzi la storia»

BETTOLA - Un gesto concreto per dare un contributo di verità alla storia. Ha voluto significare questo l'inaugurazione della scalinata "Martiri delle foibe" che si è svolta ieri mattina a Bettola per l'iniziativa dell'amministrazione comunale.
Il sindaco Simone Mazza e la sua giunta, attuando concretamente la "Giornata del ricordo" istituita con legge 2004 per rendere omaggio vittime della pulizia etnica condotta dal regime di Tito nei confronti degli italiani istriani, fiumani e dalmati che ha visto 20mila morti infoibati e 350mila italiani esuli, hanno dedicato due giorni ad approfondire un tema ancora non del tutto conosciuto. «Oggi concludiamo un percorso nato due anni fa - ha osservato il primo cittadino - per dare un giusto risalto ad una tragedia italiana rimasta nell'oblio per sessant'anni. I nostri fratelli italiani hanno subito tremende persecuzioni, sono stati cacciati dalla loro terra per motivi razzistici e 20mila sono stati i morti infoibati». E' stata quindi scoperta la targa "scalinata martiri delle foibe" che dà il nome alla salita che da via Europa porta nel cortile delle scuole elementari, il cui lavoro di ristrutturazione è stato seguito dall'assessore Roberto Ferrari. «Abbiamo scelto questo luogo - precisa Mazza - perché i ragazzi possano interrogarsi su ciò che è successo e su ciò che può accadere nel cuore dell'uomo per arrivare ad una tragedia di questo tipo».
L'inaugurazione è stata la conclusione di una due giorni dedicata al ricordo. Sabato sera infatti, nella sala consigliare del municipio, è stato ospite Lino Vivoda, direttore del periodico "Istria Europa". Testimone delle atrocità subite dai suoi conterranei e dai componenti della sua famiglia, egli stesso è esule dal 1947 e oggi risiede ad Imperia. Anch'egli presente alla cerimonia, ha espresso la sua gratitudine per il segno che l'amministrazione bettolese, per prima, ha concretizzato dopo l'invito dello scorso anno dell'allora comitato spontaneo per le foibe, oggi Piacenza Antagonista, presieduta da Pino De Rosa, a compiere un gesto concreto ed immortale sul tema. «Questo è un segno di solidarietà - ha affermato Vivoda -, molto diverso da quello ricevuto quando sono arrivato con i 600 esuli di Pola al porto di Ancona in nave e a Bologna dopo 12 giorni di treno dove ci hanno rifiutato il cibo e considerati fascisti e banditi. Ma noi eravamo italiani. Oggi ricordiamo i fatti, non per rivendicare, ma per trasmettere ai ragazzi la storia». La celebrazione della messa nella chiesa di San Bernardino ha aperto la cerimonia inaugurale cui ha partecipato, oltre a Sergio Bursi per la Provincia, Andrea Pollastri, consigliere regionale, rappresentanti delle amministrazioni di Cortemaggiore, Pontenure, Pontedellolio e Rottofreno, anche l'onorevole Tommaso Foti il quale, a nome del Parlamento italiano, ha ringraziato per l'iniziativa.
Nadia Plucani

GIORNO DEL RICORDO - da "Libertà" del 19 Febbraio 2012



«Io, un sopravvissuto all'orrore delle foibe»
Sui banchi la testimonianza di Lino Vivoda

La tragedia delle foibe vista con gli occhi di chi ha vissuto in una città che ora non c'è più. La seconda Guerra Mondiale, le repressioni delle truppe di Tito e l'esodo dal paese natio: questa la difficile vita di Lino Vivoda, che ha vissuto sulla propria pelle una delle pagine più drammatiche della storia nazionale. Gli alunni del Raineri-Marcora l'hanno potuto ascoltare ieri mattina nel corso di un incontro organizzato dalle insegnanti Claudia Martinelli e Mara Croci per fare luce sugli avvenimenti accaduti in quegli anni tra Friuli Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, purtroppo ancora poco conosciuti dalla maggior parte degli italiani. Gli "infoibati", come vengono chiamati gli oltre 25mila italiani vittime del governo slavo tra il 1943 ed il 1945, sono stati a lungo dimenticati, come ha detto Pino De Rosa di Piacenza Antagonista introducendo l'ospite d'onore: «Molti non sanno quello che è successo, i corpi buttati con umiliazione nelle foibe, le insenature naturali tipiche di quei luoghi. Solo negli ultimi anni la memoria di queste persone è stata riabilitata». Uno di quei sopravvissuti è proprio Vivoda, che ancora oggi ha negli occhi il crudele destino che ha causato la fine della sua città natale, ovvero Pola. Un breve filmato lo ha illustrato con chiarezza: centro dell'Istria, ma italiano a tutti gli effetti con 31mila abitanti, il paese venne stravolto dall'occupazione slava durante il 1945 fino all'esodo finale. 28mila di loro partirono alla volta dell'Italia su navi che solcavano l'Adriatico in cerca di nuove speranze, ma molti di loro non ce la fecero. «Uno di essi era proprio mio fratello Sergio - ha raccontato Vivoda - nelle immagini si vede chiaramente la sua tomba. Ancora oggi quella triste storia mi sembra incredibile. All'epoca conoscevamo i nomi di due soli esuli, Mazzini e Dante, e non credevamo toccasse anche a noi». E in seguito, la storia non è stata certo più clemente con Pola, diventata poi la croata Pula. «Se andate in Slovenia o in Croazia, vi dicono che la mia città era tornata sotto il loro controllo dopo tanti anni. Ma Pola non era mai stata slava, la sua origine era romana ed in seguito un'orgogliosa città italiana». Proprio come il fratello di Lino, che venne ucciso dalla polizia segreta di Tito in un brutto giorno del 1946, a seguito dell'esplosione di alcune mine sulla spiaggia del porto. Da tanto dolore, Vivoda ha tratto la forza per fondare un giornale: si chiama "Istria Europa" ed ancora oggi ricorda gli esuli di allora.
G. F.

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 18 Febbraio 2012


Lo stradario di San Nicolò tra storia e memoria di parte
Piazza Rossi? Ci si arriva passando
per Piazza Togliatti e Piazzetta Barca
di STEFANO ROMANINI*
Inizio questo mio intervento con la citazione di una frase del Manzoni: "Quell'ignoranza che l'uomo assume e perde a suo piacere, non è una scusa, ma una colpa".
Dopo aver atteso qualche giorno affinché gli animi si chetassero un poco, ed essermi fatto un'idea più chiara possibile riguardo ai termini dell'acceso scambio di opinioni, letti nei giorni scorsi riguardo la Piazza "Maserati o Rossi" di San Nicolò, sento la necessità di tentare di porre il dibattito su un piano concettuale, sempre che sia possibile.
Non voglio essere ipocrita e quindi provvedo a chiarire immediatamente che la mia missiva è indirizzata a tutti, ripeto tutti, coloro che si sono dichiarati contrari con i loro interventi all'intitolazione dell'attuale Piazza F. lli Maserati, al dottor Andrea Rossi.
Non voglio entrare, ora, nel merito circa la scelta fatta dall'Amministrazione comunale di Rottofreno. Di questo, credo, se ne parlerà nelle sedi opportune. No, vorrei evidenziare le argomentazioni dei pareri contrari a questa scelta.
Nei diversi interventi si sono addotte motivazioni varie, ma quelle maggiormente ricorrenti erano di due tipi: per dedicare una via o una piazza occorre che il "destinatario" abbia manifestato, durante la propria vita, atti od opere in genere che diano lustro al Paese (inteso sia come nostro paesino, sia come Nazione), oppure, non si può dedicare un luogo pubblico ad una persona che, anche non in modo diretto (come nel caso del dottor Rossi), ha compartecipato in modo convinto e consapevole ad un regime che ha creato terrore e morte durante la guerra civile 1943-1945.
Riguardo alla prima dissertazione segnalo che a pochi metri dalla piazza "incriminata", l'Amministrazione comunale precedente ha intitolato la piazzetta ove si svolgono in genere le feste della Pro-loco sannicolina a tale "Annibale Barca". Ma chi era questo personaggio? Proprio lui, l'Annibale degli elefanti, un cartaginese (ora si direbbe maghrebino) che non era passato da queste parti per diffondere pillole di cultura o di pace, ma era qui per "suonarle" (eccome se le ha suonate!) ai romani…. e se la storia non ci inganna anche qui, i romani saremmo noi; ma si sa, bisogna essere "politically correct".
Comunque in questo caso non ricordo di aver sentito organizzazioni che sostengono la paternità dell'Italia liberata con le loro battaglie, scagliarsi contro chi invece dedica una piazza ad uno straniero che l'Italia la voleva conquistare.
La seconda motivazione addotta è il motivo che mi ha spinto ad intervenire: procedendo qualche passo dalla piazzetta "Annibale" di cui sopra, si giunge a quella che fino a qualche tempo fa rappresentava la maggior piazza (che poi della piazza ha ben poco) di San Nicolò: Piazza Palmiro Togliatti. Ora, partendo dalle disquisizioni esposte dai "contrari" chiedo: ma è lo stesso Palmiro Togliatti che portava sempre al taschino un orologio regalatogli, durante la guerra civile di Spagna da Negrin, appena tolto sotto i suoi occhi dal gilè di un povero morto appena fucilato? Ma soprattutto è forse lo stesso Palmiro Togliatti che nell'Unione Sovietica, nel corso del "Grande terrore" tra il 1935 e il 1939 vistava personalmente i procedimenti giudiziari e gli elenchi con le relative condanne con la scritta di suo pugno "soglasen" (ovvero: sono d'accordo) di italiani laggiù rifugiati perché antifascisti?
La storia, quando non manipolata dal negazionismo, ci viene in soccorso. Con la caduta dei muri, ovvero quello di Berlino e quello dell'omertà della sinistra del dopoguerra, ci arrivano i documenti inconfutabili che comprovano che si, è lo stesso Palmiro Togliatti.
Allora, egregi "contrari", spigatemi, spiegate a tutti perché Andrea Rossi è colpevole per la sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, senza alcuna responsabilità verificabile per i morti partigiani durante la guerra civile italiana, mentre Palmiro Togliatti non è colpevole per la sua partecipazione attiva (con i suoi avalli scritti) nell'epurazione di italiani nella Russia staliniana?
Però, per cortesia, almeno questa volta date motivazioni plausibili o, per lo meno, intelligenti.

* Piacenza Antagonista

GIORNO DEL RICORDO - da "Libertà" del 17 Febbraio 2012


Bettola, domenica s'inaugura la scalinata
ristrutturata e dedicata ai Martiri delle Foibe
Il sindaco Mazza: «Eliminati i punti pericolosi, ora sarà anche illuminata»

BETTOLA - Per celebrare il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, in questo fine settimana l'amministrazione di Bettola organizza due iniziative di approfondimento storico e invita tutti a parteciparvi. Domani alle 21 nella sala consiliare del municipio si terrà un incontro dal titolo: "A colloquio con la storia". Introdurrà la serata il sindaco, Simone Mazza. Seguirà l'intervento dello storico Pino De Rosa, rappresentante del comitato Cittadini per le foibe. Sarà inoltre ospite Lino Vivoda, direttore di Istria Europa, un trimestrale gratuito di informazione e cultura nato con lo scopo di difesa della causa istriana «per un impegno volontaristico degli aderenti al Gruppo Istria Regione Autonoma Europea - viene spiegato - in totale autonomia e indipendenza sia politica che economica».
Nella mattinata di domenica 19 febbraio, invece, le iniziative si apriranno con la celebrazione di una messa alle 10 nella chiesa di San Bernardino. Seguirà l'inaugurazione, alla presenza dell'amministrazione comunale e della popolazione, della Salita Martiri delle Foibe, una scalinata pedonale che da via Europa conduce al cortile della scuola primaria e che sarà benedetta dal parroco don Angelo Sesenna.
«Il Giorno della Memoria - informa il sindaco Mazza - è stato istituito per legge: il 10 febbraio di ogni anno si rinnova la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe del Carso, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Per questo, la giunta comunale di Bettola ha deciso, il 30 gennaio scorso, di proporre due momenti significativi, dando così alla scalinata il nome di Salita martiri delle foibe». La scalinata è stata ristrutturata nell'autunno 2011 da una ditta specializzata a un costo di 20mila euro. «La scalinata - informa ancora Mazza - era molto pericolosa perché non aveva più subito manutenzioni importanti e costituiva un pericolo per gli alunni della scuola elementare, i loro genitori e per chi vi lavora. Sono stati così rimossi e riposizionati i cordoli in pietra e il porfido. E' pure stato installato un punto luce, come è già stato fatto per la Salita Unità d'Italia, strada adiacente alla chiesa di San Bernardino e recentemente inaugurata. L'obiettivo è evitare che rimangano angoli bui nel paese, luoghi potenzialmente pericolosi e poco decorosi. A valle, infine, è stato migliorato il sistema della raccolta delle acque piovane».
n. p.

GIORNO DEL RICORDO - da "Libertà" del 17 Febbraio 2012


La tragedia delle foibe raccontata ai ragazzi
San Nicolò, lezione speciale con De Rosa e proiezione di filmati d'epoca

SAN NICOLÒ - Sono partiti con poche cose, ma allo stesso tempo con la necessità di dover portare via con loro il più possibile, i brandelli di tutta una vita, persino i mobili, i materassi e gli oggetti più cari: per gli esuli di Pola, lasciare la propria casa ha significato innanzitutto non poterla mai più rivedere.
Nelle giornate in cui si è ricordato il genocidio italiano nell'Istria e la pulizia etnica compiuta dagli uomini di Tito, anche a San Nicolò la tragica pagine delle foibe e dell'esodo italiano è stata ricordata nei giorni scorsi con un incontro che si è tenuto al Centro culturale al quale hanno partecipato diverse classi terze delle scuole medie del paese. In veste di docente, questa volta c'era il presidente dell'associazione "Piacenza antagonista", Pino De Rosa, che ha spiegato ai ragazzi le origini di questa drammatica pagina della storia italiana, spesso ancora troppo dimenticata, specialmente dalle nuove generazioni. Per rendere questa lezione più accattivante, è stata allestita per l'occasione una mostra fotografica che ha riproposto in circa una trentina di immagini i momenti più significativi e tragici delle uccisioni titine e dei 350mila esuli italiani dalle regioni jugoslave dell'Istria e della Dalmazia.
«Per comprendere quello che è successo in quegli anni non è sufficiente esaminare i fatti, ma anche ritornare indietro nel tempo per indagare le ragioni storiche che hanno portato a questo odio verso i cittadini di origine italiana», spiega De Rosa alla sala gremita di studenti. «Non si deve dimenticare che queste terre sono state prima colonizzate dai romani e poi rimaste italiane fino all'800, quando hanno iniziato ad avanzare le popolazioni slave». Nel racconto di questo "braccio di ferro" storico tra Italia e Jugoslavia, le immagini riportano poi all'Irredentismo della prima guerra mondiale e all'armistizio dell'8 settembre del ‘43. «Fu in quel momento che avvenne il più grande massacro di italiani della nostra storia. Nelle foibe carsiche, finirono più di 7mila persone, anche partigiani del Cln: le uccisioni avevano ormai perso ogni connotazione politica per diventare a tutti gli effetti un genocidio indiscriminato».
Nella seconda parte dell'incontro, invece, è stato proiettato ai ragazzi un vecchio filmato della "Settimana Incom" dell'epoca, riguardante l'esodo di Pola. Guidati dalla narrazione asciutta e retorica tipica del cinegiornale dell'Istituto Luce, gli studenti hanno potuto vedere con i propri occhi la disperazione di quanti furono costretti a lasciare di fretta le loro abitazioni lasciandole agli slavi e i volti rigati di lacrime di chi, dalla nave in partenza, guardava la sua città per l'ultima volta.
Cristian Brusamonti

LIBRI - da "Libertà" del 15 Febbraio 2012



Dalla storia di famiglia a quella d'Italia
Ferdinando Bergamaschi ha presentato il volume "Amando Mussolini"
piacenza - Era gremito l'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano l'altra sera per la presentazione del volume Amando Mussolini (Seb Edizioni, 360 pp) di Ferdinando Bergamaschi (il padre Massimo, seduto in prima fila insieme alla mamma Enrica sono visibilmente commossi), in una storia di famiglia che è poi un pezzo di storia d'Italia che prende il via nel 1914 e giunge fino ai primi anni Sessanta. Tra "neri" e "rossi", vendette e violenze di un'epoca lontana in cui emergono gli ideali e le speranze di un Paese che si crede grande e di un regime che crollerà sotto i colpi di una guerra insostenibile.
Francesco Mastrantonio che del libro ha scritto la prefazione ha illustrato il lavoro svolto dal ventisettenne ricercatore piacentino, dove i luoghi, che sono quelli della Bassa, del Grande Fiume e poi Piacenza, Cremona e Parma hanno il loro peso, perché se a Cremona furoreggia il gerarca Farinacci, Piacenza vive la stagione di Bernardo Barbiellini Amidei.
E che c'entra in tutto questo il podere Casa Bianca di Besenzone? E' il teatro, il "locus", il fulcro delle vicende di una saga familiare, quella dei Bergamaschi, e in particolare quella di Vittorio e Ferdinando, detto Nanòn (il prozio e il nonno paterni), che vivono fino al paradosso un sentimento che fu anche passione politica per un ideale, quello di Mussolini e del fascismo.
«Figli di un padre socialista che diventa proprietario terriero - ha detto Ferdinando Bergamaschi nel suo intervento - entrambi si lanciano nel turbinio degli eventi di quegli anni. Vittorio è un socialista interventista e aderisce nel 1914 ai Fasci d'Azione fondati dal sindacalista rivoluzionario Filippo Corridoni e dal socialista interventista Benito Mussolini. Vittorio parte volontario, è un soldato di valore, decorato e partecipa anche alle azioni sull'Isonzo, sul Piave e poi viene spedito in Albania».
Ferdinando Bergamaschi, l'ha detto apertamente anche l'altra sera, sollecitato da Pino De Rosa, esponente del movimento "Piacenza Antagonista", è di parte, molto parziale, non nega, anzi ne fa un vanto, una filosofia di vita e ha voluto ricordare quando nell'ottobre del 1919, alcune migliaia di leghisti rossi assediarono la "Casa Bianca" per sterminare Vittorio, assieme al fratello Ferdinando che con l'aiuto dei contadini e di una dozzina di soldati organizzarono la difesa, qualcuno tra i contestatari ci lasciò la vita, ma sono storie difficili e violente, fortunatamente lontane ma ancora vive in questo giovane. «Nel 1921 Vittorio - ha proseguito Bergamaschi - pioniere del fascismo piacentino e parmense e capo squadrista, viene assassinato la notte di Carnevale. Ferdinando diventa un capo squadrista e attraverso i carteggi di Nanòn con gli amici più fedeli ho voluto raccontarne vita e vicende. Con la Repubblica Sociale, Nanòn fu comandante della brigata nera di Cortemaggiore». Drammatiche nella descrizione dell'autore anche le ore della cattura del Duce e la "mistica fascista" che accompagnò Nanòn fino alla sua morte che avvenne nel 1962.
Ha sottolineato di avere svolto un lavoro storico: «La mole di documenti è immensa - ha detto - ho svolto un lavoro storico senza dimenticare le mie origini, quel pensiero che ruota attorno alla figura di Mussolini che non può essere dimenticato». Il libro è ricco e molto documentato, le storie fanno parte di un passato ormai remoto: è l'immagine riflessa di un regime, di consapevolezze e di certezze tinte di nero. Il lavoro è coraggioso - ha sottolineato Francesco Mastrantonio - di un giovane autore che ha voluto fare chiarezza nella storia di una generazione».
Mauro Molinaroli

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 28 Gennaio 2012


«Resti piazza Fratelli Maserati»
Ecco i risultati del sondaggio di Libertà on line sul cambio di intitolazione
Sartori: «E' andata meglio del previsto, noi andiamo avanti con il progetto»
SAN NICOLÒ - Abbiamo sviscerato le ragioni del "no" e del "sì", messo faccia a faccia - seppur virtualmente - i sostenitori delle due parti, che hanno avuto modo di esprimere le loro opinioni in tutta libertà. Ora, sulla vicenda dell'intitolazione della piazza Fratelli Maserati di San Nicolò al funzionario della prefettura vittima dei partigiani Andrea Rossi, la voce di tremila piacentini, che in questi giorni si sono connessi al sito Libertà On Line per votare il nostro sondaggio, parla chiaro: per il 69,42% la piazza deve rimanere intitolata ai due fratelli fondatori della casa automobilistica, mentre il 30,58% dà ragione alla proposta della giunta guidata da Raffaele Veneziani.
«ANDIAMO AVANTI» Una specie di referendum senza alcun intento scientifico - s'intende - ma con l'unico obiettivo di stimolare ancora di più il dibattito che in questi giorni è stato estremamente vivace, talvolta condito da qualche tono aspro e polemico. E il risultato certo non intimorisce coloro che - come il vicesindaco Valerio Sartori - hanno avuto l'idea e hanno messo la faccia per difendere la memoria di Rossi. «Il risultato del sondaggio non ci interessa, perché avrebbe dovuto coinvolgere la sola popolazione di San Nicolò e non essere esteso a tutti i navigatori di internet» spiega. «Quindi, anche il risultato ottenuto non ci tocca minimamente, anche se è andata forse meglio del previsto. Noi continueremo con la nostra idea». Sull'esito del sondaggio, interviene poi anche una delle voci più "attive" nel dibattito di questi giorni, il presidente di Piacenza Antagonista Pino De Rosa. «Mi sembra un risultato positivo per la realtà culturale di Piacenza, dove l'idea di dedicare una piazza a un uomo ucciso dai partigiani è secondo molti ancora impensabile. Già il fatto che qualcuno si sia collegato al sito per esprimere la sua posizione "controcorrente" è un buon segnale. Siamo sulla buona strada».
LA GIORNATA DELLA MEMORIA La scadenza del nostro sondaggio è caduta ieri in concomitanza con la Giornata della Memoria, dedicata alle vittime della Shoah. «Per tutto il giorno, la gente sui social network ha continuato a mettere foto e pensieri dedicati a questo anniversario» dice la consigliera Simona Bellan, che per prima ha criticato l'idea della nuova intitolazione. «Questa memoria ci rimanda direttamente ai misfatti del fascismo ed è significativo che tante persone si ostinino a tenere acceso il ricordo».
SU FACEBOOK Il campo dello scontro, dalla carta stampata, si è presto spostato proprio su Facebook e sui social network. È qui dove il confronto tra schieramenti ha trovato una sua naturale collocazione, con messaggi email e inviti a tutti gli "amici" a collegarsi su Libertà On Line per votare - e far votare - per il sì o per il no. E tra i commenti ai link pubblicati - al riparo dall'ufficialità e dalla diffusione dei giornali - sono usciti i sentimenti più genuini, senza censure. Anche il sindaco di Rottofreno Raffaele Veneziani aveva usato la sua pagina Facebook per dire la sua sulla questione e poi il giorno dopo aveva inviato un intervento a Libertà.
Cristian Brusamonti

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 26 Gennaio 2012


«L'Anpi dimentica di aver patrocinato un libro con la storia vera di Rossi»
I coordinatori del volume: «Giudizio diviso ma nessuna accusa contro di lui»

SAN NICOLÒ - Si arricchisce giorno dopo giorno il dibattito sull'intitolazione di piazza Fratelli Maserati a San Nicolò ad Andrea Rossi, funzionario della Prefettura di Piacenza durante la Repubblica Sociale Italiana. Con il sondaggio aperto da Libertà, tutti i cittadini possono esprimere la loro opinione sulla questione visitando il sito internet www. liberta. it. (fino alle ore 17 di domani).
Questa volta, torna ad intervenire il presidente di Piacenza Antagonista, Pino De Rosa, in difesa del provvedimento dell'amministrazione di Rottofreno, ma soprattutto contro le accuse piovute da più parti.
«La storia non è mai fossilizzabile dai partiti politici a loro piacimento» dice, contestando gli interventi dei consiglieri comunali Simona Bellan e Mara Negrati, di area Pd. «Il nostro presente è retaggio di tutto quanto il nostro passato: e questo si nota anche da quanto scritto dalle consigliere di minoranza che, per scongiurare la ridenominazione della piazza, si appellano ad un Regio Decreto del 1923, quando evidentemente la marcia su Roma c'era già stata».
In più, De Rosa accusa l'Anpi di «arrivare, presa dal livore, a sconfessare pure se stessa: ha patrocinato il libro "Quasi quasi vado a ballare" prodotto da un laboratorio delle scuole medie di Calendasco, dove viene raccontata la vera storia di Rossi, diversa da quella che la stessa Anpi afferma in questi giorni». Il libro in questione, "Quasi quasi vado a ballare. Storia e storie del dopoguerra a Calendasco e dintorni (1945-1955) " è il frutto del laboratorio di ricerca storica territoriale coordinato da Rossella Groppi, Filippo Zangrandi e Camilla Trasciatti con i ragazzi della scuola media Guido Gozzano dell'Istituto Comprensivo di Rottofreno-Calendasco. «Quella di Rossi, per noi, era una storia minore in quanto solo marginalmente collegata a Calendasco», spiegano Zangrandi e Groppi. «Avevamo raccolto voci contrastanti, grazie alle quali abbiamo redatto una prima versione del capitolo a lui dedicato. Successivamente, anche in seguito all'intervento e alla sollecitazione del figlio Giandomenico e tenuto conto delle testimonianze da lui raccolte, abbiamo modificato il contenuto di tale paragrafo. Da un lato abbiamo ricordato il ruolo di Rossi come addetto stampa e propaganda del Prefetto, dall'altro però non sussistono atti processuali che provino un suo coinvolgimento diretto in fatti di sangue contro i partigiani». E precisano: «Noi non siamo giudici: nell'opinione popolare può non essere univoco il giudizio su Rossi, ma è altrettanto vero che dalle carte non emergono fatti a lui imputabili direttamente. Ciò non significa che l'Anpi sconfessi alcunché, dal momento che in questi giorni si è discusso non tanto delle eventuali colpe di Rossi, ma dell'opportunità di intitolare una piazza ad un soggetto organico al Regime. Ci sentiamo anzi di ringraziare l'Anpi che ci ha sostenuti nelle ricerche grazie alla quali si sono scoperti episodi di storia locale fino ad allora mai indagati».
Cristian Brusamonti

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 25 Gennaio 2010


i favorevoli al nuovo nome

Con la giunta Piacenza Antagonista
E dalla città consensi "bipartisan"
«Non scelta politica, ma ricordo di una tragedia»

(crib) L'idea del cambio di nome alla piazza è del vicesindaco Valerio Sartori di Rottofreno, che afferma di voler dar voce al sentimento dei vecchi del paese, i quali hanno sempre riconosciuto la bontà dell'operato di Rossi. La scelta di piazza Fratelli Maserati, non sarebbe legata a ragioni politiche o contro la passata amministrazione (che la inaugurò con questo nome nel 2009): semplicemente, fu quello il luogo in cui avvenne la fucilazione del giornalista. L'attuale denominazione ai fratelli Maserati non verrà cancellata, ma dovrebbe passare a un'altra piazza al centro del paese, tra via Agazzano e via XXV Aprile.
Naturalmente, a sostenere la proposta c'è il figlio dell'assassinato, l'avvocato piacentino Giandomenico Rossi, il quale invita a distinguere l'uomo rispetto al suo ruolo lavorativo. «Mio padre aveva bisogno di lavorare e preferì non venir meno ai suoi doveri, continuando umilmente la sua attività in prefettura come responsabile stampa, senza mai essere coinvolto col fascismo, almeno in maniera non maggiore di tutti coloro che allora lavoravano negli uffici pubblici» ribadisce, accusando chi dice il contrario di «non conoscere la verità».
A sostegno delle affermazioni di Rossi, c'è poi l'intervento del presidente dell'associazione Piacenza Antagonista, Pino De Rosa. «Ha meritato di essere ucciso soltanto perché fascista? - si chiede -. Un uomo ammazzato è pur sempre una vittima: non c'è nulla di male se gli si intitola una piazza. L'atto del Comune di Rottofreno è intelligente perché esce dalle logiche di parte». E sulle critiche dell'Anpi precisa: «Dovrebbe fare autocritica, visto che due anni fa ha patrocinato il libro "Quasi, quasi vado a ballare…", realizzato da un laboratorio della scuola media di Calendasco, nel quale la vicenda di Rossi è narrata in maniera corretta e onesta».
Lunedì, durante la seduta del consiglio comunale di Piacenza, diversi consiglieri hanno preso le distanze da chi critica la proposta. E' il caso di Benedetto Ricciardi del Pd («Fu solo un addetto stampa, una vittima e mi meraviglio di sentire ancora queste polemiche dopo tanti anni»), di Sandro Ballerini (Gruppo misto) e del suo collega Carlo Mazza. Analoghe posizioni sono state espresse da Marco Tassi (Pdl), Stefano Frontini (Piacenza Libera) e Giampaolo Crespoli (Alleanza per l'Italia). «Fu un delitto efferato anche a detta degli stessi partigiani», sottolinea quest'ultimo. Oggi, in questa pagina, un nuovo intervento a favore: si tratta dell'85enne Giorgio Bernardi, abitante di San Nicolò e soprattutto testimone di quel tragico fatto.

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 24 Gennaio 2012


La posizione dell'Associazione Piacenza Antagonista
No, l'Amministrazione non receda
Anche i fascisti possono essere vittime
L'Associazione culturale Piacenza Antagonista, sodalizio provinciale ma con sede nel comune di Rottofreno, intende intervenire nel merito della vicenda che ha visto il comune di Rottofreno deliberare il cambio della denominazione dell'attuale piazza fratelli Maserati, destinando l'intitolazione ad Andrea Rossi.
Le polemiche che sono seguite hanno una chiara lettura che intendiamo porre all'attenzione dell'amministrazione comunale, dei cittadini e del mondo culturale.
Coloro che sostengono che la nuova denominazione della piazza è inopportuna basano il loro assunto unicamente sul fatto che la vittima dell'assassinio, cui andrà dedicata la piazza, era un aderente alla Repubblica Sociale Italiana o più latamente "un Fascista".
In verità durante il periodo della guerra civile ci furono moltissimi casi simili a quelli di Andrea Rossi.
Citeremo 3 casi ulteriori:
Rodolfo Amori e Francesco Oddi il 31 marzo del 1944 scesero dalla corriera nella piazza di Pecorara e si stavano avviando in Municipio per portare sussidi agli sfollati. Furono assassinati in un agguato da un gruppo di partigiani riconducibili alla banda di Amboli di Castelsangiovanni. Banda poi giustiziata dai partigiani stessi. E' forse questa la data d'inizio della guerra civile nel piacentino.
Francesco Cavallini il 25 febbraio del 1945 era in casa sua quando fu prelevato e poi assassinato nonostante le suppliche di sua moglie. Anche in questo caso si trattava di una persona molto stimata oltre che di un ottimo calciatore (fu capitano del Piacenza) ed a lui è stato dedicato il campo sportivo di Nibbiano. Ma l'Anpi non deve essersene accorta!
Elvira Villa, colpevole di aver fatto la cuoca in diversi presidi della Brigata Nera, fu prelevata presso la sua abitazione portata sul pubblico passeggio e fucilata. Era il 30 aprile del 1945.
Si tratta di casi, ma tanti ne potremmo citare, che non sono altro che omicidi.
Nulla a che fare né con la guerra né con la guerriglia.
Andrea Rossi per esempio, il 26 aprile del 1945, mancavano 2 giorni all'occupazione militare anglo-americana di Piacenza, se ne tornava a casa da solo e disarmato, non credendo di dover temere nulla. Era l'addetto stampa della Prefettura. Ed è noto a tutti che gli addetti stampa del Prefetto sono "il suo braccio destro"……...
Ebbene se questi sono, ed altro non sono, che omicidi, non è un male ricordarne con una pubblica piazza, quella che fu teatro del delitto, la memoria delle vittime ai posteri.
Le critiche evidentemente nascono dalla convinzione che poiché si tratta di Fascisti non sono vittime ma persone che per la loro solo appartenenza potevano tranquillamente essere ammazzati ed evidentemente assolve i banditi che dell'omicidio si sono macchiati.
Nulla di nuovo in realtà, se la formula dell'uccidere un Fascista non è reato è stata usata e messa in atto anche in anni molto più vicini a noi. Almeno però lo dicevano chiaramente e senza l'ipocrita buonismo attuale.
Laddove quindi qualcuno vorrebbe imporre all'Amministrazione di Rottofreno di tornare sui suoi passi perché, essendo Andrea Rossi un Fascista hanno fatto bene ad ammazzarlo, noi intendiamo chiaramente sostenere la delibera amministrativa perché un uomo ammazzato, tra l'altro nella memoria popolare stimato e benvoluto anche post mortem, rimane pur sempre una vittima cui ingiustamente è stata tolta la vita e chi si è macchiato di quel delitto è senza dubbio un assassino.
Ecco perché l'atto del comune di Rottofreno prima che giusto è intelligente, dal momento che esce dalla logica di parte e tende a far si che la storia insegni senza ipoteche sulla memoria ed alla larga dai gendarmi che, ormai anacronisticamente, hanno la pretesa di poter discernere, con malcelata superba presunzione, ciò che sarebbe legittimo da ciò che non lo sarebbe.
L'amministrazione di Rottofreno non receda!
Pino De Rosa Presidente
Piacenza Antagonista

PIAZZA ANDREA ROSSI - da "Libertà" del 24 Gennaio 2012


Dalla maggioranza nessun dietro-front
Il vicesindaco Sartori: «Abbiamo raccolto il desiderio della popolazione»


SAN NICOLÒ - Com'era immaginabile quando si toccano temi delicati come la Resistenza e la guerra civile, il caso della prevista intitolazione di una piazza di San Nicolò al repubblichino Andrea Rossi ha scatenato vive reazioni opposte da parte di diversi ambienti. Il proposito della giunta guidata da Raffaele Veneziani - su idea del vicesindaco Valerio Sartori - è quello di dedicare a questo ex funzionario della prefettura la piazza dove venne fucilato da due partigiani, quella che oggi si chiama piazza Fratelli Maserati e venne istituita nel 2009 dalla scorsa amministrazione in omaggio ai fratelli che fondarono la casa automobilistica omonima, originari - pare - di San Nicolò. Ad accendere la polemica erano stati i consiglieri di minoranza Simona Bellan e Mara Negrati con un lungo intervento, che pubblichiamo integralmente a pagina 44 insieme agli altri interventi, sia in difesa che in accusa. «Non scendiamo in polemiche, siamo in possesso della documentazione sull'operato di Rossi e non ci fidiamo del passaparola» precisa la Bellan, rispondendo indirettamente a Sartori. «Anche noi conosciamo anziani del paese che la pensano come noi e hanno diversi dubbi sulla figura di Rossi».
Ma non tutti sono dello stesso parere. Nel dibattito interviene così Pino De Rosa, presidente dell'associazione Piacenza Antagonista (che ha sede proprio nel comune). «Chi si oppone alla nuova denominazione lo fa sostenendo unicamente che la vittima dell'assassinio era un aderente alla Rsi» spiega. «Ma se non fu altro che un omicidio, non è un male ricordarne la memoria su quella piazza che fu teatro del delitto. Le critiche nascono dalla convinzione secondo cui i fascisti, per la loro appartenenza politica, potevano tranquillamente essere ammazzati. In più Rossi è stato benevolmente ricordato anche post mortem dalla popolazione».
Di tutt'altro tenore il comunicato ufficiale dell'Anpi piacentina, che accusa direttamente Sartori, reo di aver «trascinato, per motivi personali, la memoria di Andrea Rossi sul terreno di un pubblico scontro, strumentalizzandola e proponendo motivazioni che sfiorano l'apologia». Secondo i partigiani piacentini, Rossi, nella sua scelta di aderire alla Rsi agli ordini del prefetto Graziani, sarebbe stato «favorevole alla guerra e al soffocamento di ogni forma di libertà. Poteva essere anche una persona non dedita alla sopraffazione, ma era, in un momento estremo, partecipe di un meccanismo fuori legge e antilibertario, contrario al legittimo governo nazionale, il Cln, a cui era affidata la salvezza dell'Italia».
La maggioranza, da parte sua, non fa dietro front come fece la giunta di Franco Albertini a Pecorara, per il tentativo di intitolare al vescovo Jacopo da Pecorara l'attuale piazza XXV Aprile. «Andiamo assolutamente avanti con questo proposito» ribadisce il vicesindaco Sartori alla luce dei nuovi interventi. «Crediamo sia un atto meritevole per una persona che è stata uccisa. Non è una cosa che dipende da motivi politici, perchè non sarebbe nel mio costume agire così. Semplicemente, abbiamo raccolto il desiderio della popolazione originaria di San Nicolò che vuole venga ricordata questa persona. Sono contento che ora si parli e si discuta, ma la verità è nelle parole di chi ha vissuto quel giorno. E noi siamo qui a dargli voce».
Cristian Brusamonti

sabato 25 febbraio 2012

GIORGIO BOCCA prima dell'inversione "a U"

Qui di seguito l'articolo scritto da Giorgio BOCCA (icona della sinistra italiana) e pubblicato su "La Provincia Granda - Sentinella d'Italia" di Cuneo il 14 Agosto 1942:



Documenti dell’odio giudaico.
«I ‘Protocolli’ dei Savi anziani di Sion»
Sono i «Protocolli dei Savi anziani di Sion» un documento dell’internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo Ebreo intende giungere al dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione.
Il povero «gojm» o «gentile» così il testo chiama i non Ebrei, leggendo quei «Protocolli» rimane al tempo stesso stupito ed atterrito. Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un’opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell’ombra ed al riparo di propizi paraventi.
Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo Ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.
In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i «gentili» sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all’utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l’opera di dissolvimento.
I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell’aristocrazia e del clero. Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l’aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa. Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo. Gli ebrei lanciano allora il grido: «Libertà, eguaglianza, fratellanza». La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli ebrei, padroni dell’oro, divengono i dominatori.
Dice il testo: «Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito» e più oltre «l’abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni». Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui «gentili» un’altra più affascinante utopia: il collettivismo. Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano.
Dice il testo: «Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l’individualità umana». Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste.
Non tutti i «gentili» – per sfortuna degli ebrei – sono stati però degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli.
Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un’utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei).
L’odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l’odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei.
A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? È certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo.
Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù” (Giorgio Bocca, La Provincia granda – Sentinella d’Italia, Foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo, il 14 agosto 1942).



LE FRASI "FAMOSE"...Per pochi

Riportiamo le frasi rilasciate da importanti personaggi dell'ANTIFASCISMO ITALIOTA:

DE GASPERI
«Noi non siamo contro gli ebrei, perché d´altra religione e d´altra razza, ma dobbiamo opporci ch´essi, coi loro denari, mettano il giogo degli schiavi sui cristiani. Quando in Austria cominciò la riscossa contro il capitalismo monopolizzato dagli ebrei, fu dannoso alla causa degli operai il vedere gli ebrei impadronirsi della rappresentanza dei loro interessi». Discorso di Alcide De Gasperi a Merano nel 1906 (riportato da "Il Trentino", 18.6.1906, pagina 1)


«Non saprei meglio caratterizzare le due armate in campo che paragonarle alla guerra fra Roma e Cartagine. ...Da una parte i cittadini viennesi, i professionisti, gli artigiani, il popolo onesto che lavora e i contadini della campagna che combattono per le mura avite e il focolare paterno, cioè Roma. Dall´altra i semiti di Cartagine, i capitalisti che hanno assoldato un esercito di mercenari, il cui grosso è formato dal proletario socialista internazionale... I rappresentanti dell´oro e della bancarotta politica, i fabbricatori della pubblica opinione, i padroni della borsa sono l´etichetta degli altri, che il vero nome è Allianz Israelit... Il loro capo è l´ebreo Ellenbogen (leader socialista, n.d.r.). Dall´altra parte lo schieramento cristiano-sociale che ha assestato i colpi più fieri al capitalismo ebreo e ha introdotto il crocifisso nelle scuole, le monache negli ospedali, ha licenziato i maestri socialisti». (Voce Cattolica, autunno 1902, articolo di De Gasperi con lo pseudonimo di Fortis, in occasione delle elezioni della dieta dell´Austria inferiore in cui il leader dei cattolici spiega ai trentini cosa sta succedendo).


«La storia austriaca dell´Ottocento riassume ancora una volta la questione ebraica come discriminazione essenziale. Quando la giovane Europa conquistò dalle barricate la lotta politica, trovò che l´ebreo Carlo Marx aveva già fondato la Lega dei comunisti, che l´ebreo Lasalle aveva già un esercito in assetto di guerra, che l´ebreo Heinrich Heinecken e le colte ebreee dominavano già nella letteratura ed ebrei dominavano nella industria libraria e una pleaiade di professori ebrei avevano già conquistato le cattedre della scienza». (Voce Cattolica, 10 novembre 1902).


«Va esaltata la lotta contro lo straniero e l´ebreo immigrato dalla Galizia e dalla Russia, questo popolo senza patria e senza diritti». (Il Trentino, 2 marzo 1910).


PADRE AGOSTINO GEMELLI
«Tragica senza dubbio, e dolorosa la situazione di coloro che non possono far parte, e per il loro sangue e per la loro religione, di questa magnifica patria; tragica situazione in cui vediamo una volta di più, come molte altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una patria, mentre le conseguenze dell'orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo» (discorso 9/1/39 Università di Bologna)

GIOVANNI SPADOLINI
“Il fascismo ha perso a poco a poco la sua agilità e il suo dinamismo rivoluzionario, proprio mentre riaffioravano i rimasugli della massoneria, i rottami del liberalismo, i detriti del giudaismo  (La difesa della razza 15 febbraio 1944)

AMINTORE FANFANI
 "I legami che vincolano virtù civica, valore militare, sanità di razza, sentimento religioso, amor di patria". Inoltre, scrive che era necessaria "la separazione dei semiti dal gruppo

INTERVENTI - da "Libertà" del 22 Gennaio 2012


Almanacco per il 2012, gli anni passati e quelli a venire
di PINO DE ROSA
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Almanacchi per l'anno nuovo?
Si signore.
Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Oh illustrissimo sì, certo………….
Solo nell'illusione di un futuro migliore trova pace la consapevolezza dell'umana precarietà.
Il genere umano, una bagattella, qualcosa che può indifferentemente esserci nell'universo vuoto e silenzioso, ma che sembra speditamente avviata ad un'entusiastica dissoluzione.
E' allora giungano i migliori auspici ad un'umanità che vuol aver coscienza e freme di agire.
Auguri a chi di fronte alle angherie ha da tempo allargato le spalle, piegato la schiena e storto il muso ma comincia finalmente ad avvedersi di quanto sia diventato deforme.
Auguri ai globe-trotter delle ideologie del momento che, fieri del loro vagare senza meta, poiché ci stanno picchiando il muso, rischiano anche loro di capirci qualcosa.
Auguri ai lavoratori cassintegrati o in mobilità che cominciano a capire quanto è importante il valore del lavoro, come completamento della personalità umana, e che sono pronti a lottare per il valore etico delle loro fatiche oltre che per le sole contingenze materiali, avendo anche realizzato che è proprio il caso di diffidare di quelli passati da Marx al market, con la stessa spavalda presunzione.
Auguri a quegli imprenditori che da qui a poco avranno ottimi strumenti per svilire l'apporto dei propri collaboratori e ridurlo a qualcosa di relativo ed intercambiabile, ma non li utilizzeranno perché è solo rispettando le persone e rendendole partecipi della vita d'impresa che si realizzano le migliori condizioni per avere una buona redditività. Impresa e lavoro hanno nella finanza golpista un nemico comune.
Auguri ai pensionati che, derubati e bistrattati, hanno visto svelato il vero significato della giustizia sociale nella moderna democrazia potendo recuperare alla fine il concetto che la previdenza non doveva essere la beneficenza ma il giusto riconoscimento per chi ha dato ed invece viene considerato un peso.
Auguri a chi ha capito che non bisogna cadere nella trappola che ci vuole gli uni contro gli altri ma realizzare un'unità d'intenti, che è identità e appartenenza, per combattere quel nemico comune che si chiama: nuovo ordine mondiale. I ricchi e i poveri ci sono sempre stati ma la demarcazione tra sfruttatori e sfruttati propria del nostro tempo è la tomba della civiltà.
Auguri a chi si affaccia alla verità e vede nella grande truffa monetaria il demone del nostro tempo verso cui è pronto ad usare tutta la propria forza.
Auguri a chi ha capito che ormai conosciamo il prezzo di tutto ma non è chiaro il valore di niente. Ed il valore delle cose deve essere il lavoro che esse contengono.
Auguri a chi ha capito che quella che chiamano crisi nasce da meccanismi finanziari astrusi (li chiamano derivati) ma che nessuno ipotizza di eliminarli o limitarli, volendo cogliere piuttosto l'occasione di soggiogare i popoli.
Auguri a chi non nutre alcun sentimento di ostilità verso le persone immigrate nelle nostre terre ma è deciso nemico dei fenomeni migratori perché ne comprende il significato di profonda sudditanza dell'uomo nei confronti del "mercato" oltre che intravedere la fine della nostra identità di europei.
Auguri a chi non ha nessun pregiudizio verso ogni pratica sessuale anomala ma se si parla di diritti volge lo sguardo alla necessità di garantire le condizioni minime perché si formino coppie capaci di perpetuare il miracolo della vita.
Auguri a chi ha capito che il PIL non è tutto e che la vita è piena di tante altre belle cose non riducibili al libro mastro del ragioniere.
Auguri a chi ha ben chiaro che il futuro non è il prossimo i-pad, i phone o tablet con le sue strabilianti nuove funzioni ma è sempre il vagito di una culla a far sorgere il domani e trema al pensiero che in queste nostre città ci sono sempre meno bambini europei e quindi meno futuro figlio nostro, meno speranza.
Auguri a chi ha capito che non manca il lavoro ma la disponibilità a lavorare sottopagati e sfruttati affinché la nuova aristocrazia bancaria e delle multinazionali possa continuare a far crescere il proprio patrimonio allargando e rendendo omogenea la moltitudine degli uomini sotto il proprio giogo.
Auguri a chi ha finalmente realizzato che è preclusa ogni mobilità sociale e sa bene di non conoscere nessuno che con il proprio lavoro abbia nell'arco della vita migliorato la propria condizione. Un tempo i padri lasciavano qualcosa in eredità ai figli, a noi toccherà girargli le ultime rate del mutuo. E le implicazioni di ciò non sono solo economiche.
Auguri a chi è consapevole che prima di ogni altra cosa ci stanno rubando il nostro tempo, la nostra vita, sempre più asservita alle logiche del mercato, che amplia gli orari di lavoro, li costruisce senza alcun rispetto per le esigenze della persona e della vita sociale, sopprime i giorni di riposo, elimina le feste e nel mentre non riusciamo ad avere decenti relazioni sociali o ad occuparci dei nostri figli quando non sono a scuola non possiamo nemmeno chiedere aiuto ai nonni. Stanno lavorando. Devono lavorare anche loro fino all'ultima goccia di sangue!
Auguri a chi crede che un altro mondo deve essere per forza possibile e non intende rassegnarsi all'idea che la libertà sia quella di essere liberi di drogarsi, di sderenarsi ad un rave party, di pagare le tasse, di votare quelli che hanno scelto per te, di essere disoccupati, di perdere la propria identità, di consumare in maniera compulsiva con l'incosciente speranza di riempire di "cose" una vita vuota di passioni e sentimenti.
Auguri a chi ha ben pesato il valore totale dell'attuale classe politica, cioè zero, e non accetta altra soluzione se non la sua completa rimozione, colpevole oltre che delle ruberie e per i privilegi indegnamente riservatisi di averci infine consegnati nelle mani dell'aristocrazia usuraia.
Auguri a chi ha capito che gli economisti, quando non sono asserviti al potere finanziario, sono come uno che conosce tutto il kamasutra a memoria ma neanche una donna.
Auguri a chi di fronte al fatto che il nostro attuale Presidente del Consiglio andrebbe giudicato ai sensi di una legge dello stato che punisce i componenti di logge segrete (quali il Bildelberg e la Trilaterale di cui lui è prestigioso rappresentante) non fa spallucce e sorride impotente ma digrigna i denti e vuole spezzare le catene della sua schiavitù.
Auguri a chi quando sente che la BCE ha prestato 483 miliardi di euro ad oltre 500 banche al tasso dello 0,01% mentre agli Stati, ai Popoli, manda le ricette di rigore s'indigna ed ha voglia di gridare: ora basta!
Giungano questi nostri auguri a chi vorrà riconquistare un futuro di speranza, semplicemente ignoto e tutto da costruire, non ipotecato dalle aristocrazie dell'usura mondiale, perché è vero che adeguandosi si riesce ad essere accettati ma è un adeguarsi alla schiavitù. Di contro è più sacro, dignitoso ed eroico orientare la propria esistenza verso il sacrificio e la lotta per spezzare le catene.
E' in definitiva pur sempre meglio morire in piedi che vivere una vita in ginocchio!
Agli altri, inutili comparse sulla scena della vita, insignificanti come la loro rassegnazione e che in ultima analisi si nascondono dietro la propria viltà, spacciando questo loro atteggiamento per "pacifico contegno" e sperando che si estenda a tutti affinché loro ne avvertano meno il peso sulla coscienza, noi gli auguri non li facciamo. Li hanno già ricevuti dal marketing telefonico, dalle mail pubblicitarie, dalla banca "di fiducia", da quel "mercato" con cui inutilmente cercano di riempire le proprie insulse esistenze.
Oh che vita vorreste voi dunque?..........
Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Appunto…..
Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

venerdì 24 febbraio 2012

ECONOMIA - da "Libertà" del 26 Novembre 2012


Io non voglio immolarmi in nome di Maastricht
di STEFANO ROMANINI
Per poter affrontare la crisi che sta colpendo l'Europa intera, si parla di misure "lacrime e sangue", rinvio dell'età pensionabile ed altre ancora.
L'ex numero uno della Bce, il francese Trichet, qualche tempo fa, ma potrebbe data l'immutata situazione essere stato detto ieri, specificò che quello che occorre «è un salto di qualità nella mutua vigilanza tra le politiche economiche in Europa. Dobbiamo migliorarne i meccanismi, per prevenire e per sanzionare i comportamenti scorretti. Ci occorre una effettiva attuazione del mutuo controllo, e sanzioni efficaci per quelli che infrangono il Patto di stabilità e di crescita».
L'attuale presidente del Consiglio Mario Monti cooptato da Giorgio Napoletano, già nel 2009 sul Corriere della Sera, in un articolo intitolato "Rifondare l'Europa per salvare l'euro", dichiarava: «così forte, ma così debole. È un'Europa carica di contrasti, quella che cerca di emergere dalla tempesta finanziaria. Forte, per i passi avanti che ha compiuto in questi giorni. Debole, perché ha mostrato ancora una volta di saper avanzare solo sotto la pressione dell'emergenza». L'economista affermava che la soluzione è collegare all'unione monetaria una robusta unione economica. Affermava, inoltre, «l'unica via è quella di sfruttare il potenziale tuttora inespresso di un mercato veramente integrato, capace di generare produttività e competitività… Si deve costruire un mercato unico più solido, ma per farlo occorre costruire il consenso su tale progetto. Dopo tante energie dedicate alla moneta, all'allargamento del Trattato di Lisbona, L'Europa ha bisogno di un'iniziativa politica per rafforzare il pilastro portante della costruzione, che altrimenti rischia di sgretolarsi».
Ma sarebbe opportuno sapere: quale mercato? Quello che negli ultimi anni ha portato il mondo sull'orlo della bancarotta? Lo stesso mercato, controllato e gestito dalla finanza internazionale e dai grandi gruppi bancari che hanno portato le borse al tracollo? Lo stesso mercato che è servito alle grandi banche d'investimento (la Goldman Sachs su tutte) per mentire, speculare, raccogliere denaro buono e vendere titoli "taroccati"? No, siamo spiacenti ma noi non intendiamo morire "in nome del libero mercato".
L'economia dell'Europa non può essere gestita dalle banche e dalle società private come la Banca Centrale Europea. Si, perché questa è la verità. Noi siamo schiavi di un'associazione a delinquere di stampo liberal-capitalistico privata che, in nome del profitto vuole gestire la politica dell'Europa, dell'Occidente e, magari, di tutto il mondo.
Non tutti sanno che dietro l'Euro, come moneta, non esiste una "garanzia aurea", ma il suo è un "valore indotto" che gli danno i cittadini che lo fanno "circolare". In pratica è carta straccia. La BCE "batte" questa carta straccia, scrivendo sulla banconota una cifra che non è mai equivalente al costo di stampa.
La BCE, poi, la presta agli Stati che la pagano, a valore facciale, in titoli di Stato, e non per il costo di stampa; il prestito viene rimborsato con gli investimenti e le tasse dei cittadini. Il guadagno della banca è il " signoraggio", cioè quanto restituiscono gli Stati meno il costo della stampa. La verità è che la BCE, e le banche private che la controllano, sono proprietarie della moneta che prestano agli Stati, per cui noi cittadini europei siamo tutti loro debitori.
A questo punto la soluzione è semplice. Nazionalizziamo la BCE e si costituisca una Banca centrale Europea controllata dai singoli governi, che batta moneta "europea". Abbattiamo il signoraggio, così il costo del denaro crollerà, e con esso i deficit degli Stati. Nello stesso tempo azzeriamo i costi della politica, tagliando del cinquanta per cento o gli stipendi o il numero dei parlamentari e sottoponiamo al controllo della Corte dei Conti il bilancio di Camera e Senato. Oggi, in un mondo dove idee e principi nazionali e sociali sono condannati, non si può morire per Maastricht.